La guerra delle donne

Nella Prima guerra mondiale fu coinvolta tutta la popolazione civile. Il concetto di «fronte interno» prende origine dal carattere stesso del conflitto in grado di mobilitare tutta la popolazione in un unico sforzo comune: in Italia implicò anche una lotta contro tutti coloro che non approvavano l'intervento, considerati come traditori.

La guerra delle donneIl fronte interno, poiché poco meno della metà della popolazione era costituita da donne e gli uomini vennero arruolati in massa, è sotto certi aspetti un fronte femminile: donne, bambini e civili furono soggetti a un legislazione penale e ad un'azione repressiva, buona parte del territorio venne dichiarato «zona di guerra». Per le donne il trauma bellico di lunga durata ha certamente significato lutto, sofferenza e ansia materna, ma la guerra diede alle donne una visibilità sociale che non avevano mai avuto. Spesso quotidiani e riviste dell'epoca sfoggiavano clamorose fotografie di donne italiane o straniere impegnate come spazzine, tranviere, barbiere, direttrici d'orchestra, boscaiole, ecc., apparendo tanto insolite, quanto preoccupanti nei confronti della "normalità" dettata dalle secolari tradizioni precedenti.

La stessa guerra venne elaborata dalle donne in modo diverso rispetto agli uomini; ci fu pertanto una guerra diversa da quella maschile, pur nella varietà delle situazioni che riguardavano il mondo femminile: le donne delle classi popolari, in ristrettezze economiche e alimentari, dovevano sopportare l'aumento del lavoro provocato dall'assenza degli uomini; le giovani operaie da poco entrate in fabbrica, esposte a lavori pesanti ma fonte di un qualche spazio di libertà; diversa ancora la condizione delle donne della classe media che uscirono per la prima volta dall'ambito familiare, valorizzate in compiti socialmente utili e riconosciuti. L'uscita dalla famiglia per un lavoro esterno, la mobilità geografica prodotta dalle esigenze lavorative e il senso di indipendenza che ne derivava favorirono la diffusione di comportamenti considerati prerogativa maschile, come l'assunzione di alcolici o le uscite serali. Nell'iconografia del tempo di guerra l'immagine della donna rimase quella tradizionale di angelo consolatore e custode del focolare, a cominciare dalle cartoline illustrate in cui compariva come infermiera o dama di carità.

La guerra delle donne: proteggi i nostri soldatiLa mobilitazione femminile fu particolarmente evidente nella propaganda del ruolo assistenziale della donna: la tradizione caritativa cattolica veniva assorbita, insieme ad alcune istanze del femminismo, nell'assistenzialismo patriottico, alimentato dal volontariato espresso da donne borghesi e aristocratiche, le cosiddette «Dame visitatrici» e quelle che si mettevano a disposizione dei vari Uffici Assistenza e Uffici Dono. Molte di queste nobildonne, dopo brevi periodi di volontariato, decisero di occuparsi ancor più da vicino dei soldati al fronte, diventando loro stesse infermiere o fondando e finanziando unità mediche di supporto al fronte.

Il patriottismo femminile veniva costretto entro atteggiamenti discreti a sostegno del marito e dei figli: le donne potevano solo immaginare la guerra vera da cui erano escluse, ma non mancarono comunque esempi di donne contadine che, pur nel dolore per l'allontanamento dei propri cari, furono animate da sentimenti patriottici espressi in forme di incoraggiamento ed incitamento alla resistenza, a cui parteciparono numerose organizzazioni femministe.

Ma le donne furono anche le principali protagoniste di forti proteste per far tornare i mariti dal fronte contro il peggioramento delle condizioni economiche dovuto alla loro assenza: queste proteste ebbero un'ambientazione prevalentemente rurale ma i protagonisti erano soprattutto della classe operaia, confermandone il carattere misto. La donna aveva salari più bassi, sopportava lavoro in fabbrica e lavoro domestico e aveva una prospettiva d'impiego provvisoria: il carattere spontaneo e poco disciplinato delle proteste femminili finì per preoccupare anche i rappresentanti del movimento operaio.

Vi fu il caso estremo di donne vittime di violenze sessuali degli eserciti occupanti, fenomeno di certo non nuovo ma inedito è il rilievo che assunse nella Grande Guerra con aperte manifestazioni di indignazione e repulsione: il senso di gratuità di questi reati li distingueva dalle altre forme di violenza proprie della guerra. Inoltre il corpo femminile violato veniva assunto a simbolo del corpo della nazione vinta e umiliata e la denuncia degli abusi assunse il carattere della propaganda diretta alla demonizzazione del nemico, primo fra tutti l'esercito tedesco, ma fu solo nel dopoguerra che si iniziò a raccogliere una documentazione specifica.