Piacenza nel Risorgimento

Piacenza nell'Età della Restaurazione

Il contesto storico generale

Per Età della Restaurazione si intende il periodo che segue al dominio napoleonico in Francia e in Europa. Sconfitto definitivamente Napoleone a Waterloo (1815), le potenze europee si preoccupano di riportare la situazione politica allo "status" precedente la tempesta napoleonica, seguendo i due principi fondamentali che caratterizzano la storia ideologica e politica del periodo: il principio dell'equilibrio (evitare un secondo sconvolgimento quale è stato quello napoleonico) e il principio del legittimismo (riportare sul trono i legittimi regnanti spodestati). L'età della restaurazione è dunque un periodo di ritorno alla mentalità conservatrice, alla repressione delle idee libertarie, alla censura della libera espressione culturale, ma è anche la fase storica in cui i semi gettati da alcuni intellettuali nel periodo napoleonico vengono a frutto e preparano la fase del pieno Risorgimento.

Quale è la situazione a Piacenza? Il ritorno dell'autorità austriaca nei Ducati è scandita in due fasi. La prima vede come regnante l'Imperatore Ferdinando I d'Asburgo, che governa provvisoriamente come delegato per la figlia Maria Luigia, cui il territorio dei Ducati è stato assegnato dai trattati di pace firmati a Parigi, a Vienna e a Fontainebleau dopo la sconfitta di Napoleone. La seconda fase corrisponde al governo di Maria Luigia stessa e inizia nel 1816.  

Il ritorno degli austriaci

Dopo la sconfitta subita da Napoleone a Lipsia (Ottobre 1813) per opera della VI^ Coalizione antifrancese, la guerra si trasferisce di nuovo in Italia. Qui il Principe Eugenio assume il comando militare di Parma e Piacenza. E di nuovo Piacenza si trasforma in una piazza militare. Sono riaperti gli ospedali per i soldati feriti nei conventi soppressi. Più di 20.000 soldati, tra francesi e italiani dell'armata del Regno d'Italia, sono presenti in città. Il generale austriaco Nugent occupa Parma, ma un'offensiva partita da Piacenza la libera. Poi gli Austriaci vincono a Reggio ed entrano a Piacenza il 27 Aprile 1814, mentre la città è solennemente illuminata a festa e al Teatro si accoglie con grida di giubilo il generale Nugent.

Si forma un Governo Provvisorio diretto dai conti Douglas Scotti e G. Battista Anguissola. Una riflessione si impone: la continuità della classe dirigente è un dato evidente: Douglas Scotti è stato l'ultimo Priore di Piacenza, poi il primo Sindaco, quindi sostituto del Sottoprefetto Caravel, ora è Governatore Provvisorio, e sarà Governatore effettivo dal 1 Gennaio 1817. E' la classe nobile che fornisce i protagonisti dell'amministrazione; la borghesia invece non ha ancora una sua identità e una sua forza da rivendicare. Quanto al popolo, si esprime prevalentemente per far valere i suoi bisogni materiali di sopravvivenza, come negli episodi di rivolta segnalati. Unico esempio di elemento borghese impegnato è Paolo Foresti, commerciante e proprietario, che è stato l'ultimo Sindaco di Piacenza sotto il Governo francese.

Il governo di Ferdinando I Imperatore d'Austria

L'Austria è stata favorita dai trattati, in quanto riceve in Italia i seguenti possessi: il Milanese e la Lombardia, la Repubblica di Venezia, la Valtellina e il Trentino. Resta il Piemonte a fungere da oppositore della politica austriaca in Italia settentrionale. E il ruolo di Piacenza si rivelerà ben presto importante nell'appoggio alla realtà piemontese.

Nel periodo di Governo Provvisorio funziona nei Ducati la Commissione amministrativa, che provvede a sopprimere il francese come lingua diplomatica ufficiale e la coscrizione militare obbligatoria. Quando poi l'imperatore Ferdinando assume il potere nomina come suo collaboratore il Ministro di Stato Pier Francesco Magawly Cerati (Agosto 1814). Si registra immediatamente un provvedimento poco gradito: un inasprimento delle imposte, che provoca l'ostilità dei proprietari terrieri nei confronti del governo austriaco.

I Ducati sono organizzati in due partizioni governative: una che comprende Parma e Guastalla (recuperata) e la seconda Piacenza. Nella nostra città si susseguono come Governatori Ferdinando Cornacchia, Giambattista Maggi, poi Alberto Douglas Scotti. Una data importante è il 4 Maggio 1814: il Consesso Civico (Consiglio Comunale) vota una Petizione diretta alle grandi potenze europee per chiedere di scorporare Piacenza da Parma e per aderire allo Stato milanese. E' il primo indizio di una volontà politica di separazione da Parma che gli uomini di governo piacentini mostreranno in seguito con atti più decisi e che condurrà la nostra città ad aderire con tempestività al progetto di annessione allo Stato piemontese.

Per quanto riguarda l'ambito economico, si registra una situazione abbastanza critica dovuta al blocco delle esportazioni, che provocherà al rialzo dei prezzi e a conseguenti proteste e disordini, culminati in alcuni arresti. Si procede alla redazione del Catasto e si cura la riduzione del debito pubblico. Sono istituite a Parma e a Piacenza le Sale di Lavoro: quella nella nostra città entra in funzione in Palazzo Farnese il 13 Gennaio 1817 (fino al 1821). E' gestita dal Comitato do Beneficienza  e offre lavoro a circa 1000 persone tra tessitori e filatori. Per aiutare famiglie in difficoltà economica si decidono distribuzioni di farina, melica e patate, che avvenivano in S. Agostino.      

Il governo di Maria Luigia e le ripercussioni dei moti del 1820-21

Il governo dei Ducati passa da Ferdinando d'Asburgo alla figlia Maria Luigia il 7 Marzo 1816. L'entrata solenne si ha il 19 Maggio per la visita alla città, dove è accolta dalle due delegazioni separate di Piacenza e Parma. Nell'occasione visita anche il filatoio della famiglia Piatti, esempio del progresso della classe borghese in sviluppo. Mancano invece ad accogliere la duchessa gli intellettuali e ciò è significativo. Il governo è sdoppiato in due Dicasteri, quello dell'Interno e quello delle Finanze, i cui ministri sono alle dipendenze del generale Adamo Neipperg, collaboratore, e poi marito, di Maria Luigia nel ruolo di Segretario di Stato. Vengono promulgati i nuovi Codici Parmensi (1820). Avvenimenti importanti sono anche la istituzione della Camera di Commercio (1817) e del Gabinetto di Lettura (1820) con sede in palazzo Paveri, via Poggiali 24, nell'ambito del quale si distingue l'attività animatrice di Pietro Giordani nel campo culturale.

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Pietro Giordani (Piacenza 1774 - Parma 1848) compie studi giuridici a Parma, in ambiente permeato dalle idee dell'Illuminismo e del Sensismo, assorbendo così una educazione di tipo materialistico e meccanicistico. Nel 1797 entra in convento alla ricerca di esperienze di pace e serenità, ma ne esce nel 1803, avendo elaborato una mentalità chiaramente anticlericale. A Bologna insegna Eloquenza e scrive un Panegirico a Napoleone, esaltandolo come promotore di benessere e pace.

Nel 1815 nel clima della restaurazione a Milano collabora con la Biblioteca Italiana, organo di stampa filoaustriaco, pubblicando interventi di difesa della funzione della letteratura nella promozione del progresso morale e civile. Dal 1818 è a Piacenza e svolge una importante funzione di animatore culturale nell'ambito del Gabinetto di Lettura. Nel 1824 a Firenze entra in contatto con gli intellettuali del Gabinetto Vieusseux e nel 1830 ritorna a Parma.   

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I moti rivoluzionari scoppiati in Piemonte nel biennio 1820-21 hanno scarse ripercussioni nel territorio dei Ducati. Essi si presentano come fermenti di intellettuali e studenti isolati dal resto della popolazione, che assiste nella indifferenza. E' certo che dalla Lombardia molti venivano ad acquistare fogli liberali come il Costituzionale e il Giornale delle due Sicilie, che erano letti e commentati nel Gabinetto di Lettura. Inoltre risulta dalle relazioni della polizia milanese che il Commissario di polizia nei Ducati, Antonio Guglieri, si comporta in modo troppo tenero nei confronti dei rivoltosi, forse per il fatto di intrattenere rapporti di amicizia con il Giordani. In occasione della repressione seguita a questi avvenimenti si registra di nuovo la carcerazione a Milano di Melchiorre Gioia e di Romagnosi, in seguito liberati. Il Neipperg fa arrestare anche alcuni sospettati di far parte di sette carbonare: l'avvocato Pietro Gioia, nipote di Melchiorre, accusato di carboneria e comunismo e di essere membro della setta dei Sublimi Maestri Perfetti sotto il nome fittizio di Anco Marzio; e insieme a lui il notaio Mensi e il cancelliere Bazzini. Assolto per mancanza di prove, grazie anche al fatto che Maria Luigia volle che gli arrestati fossero giudicati da giudici parmensi e non austriaci, Pietro Gioia rivestirà ruoli amministrativi importanti: sarà Segretario della Camera di Commercio e pubblicista attivo nel diffondere idee risorgimentali.  Fu posta sotto controllo la tipografia Del Maino, centro intellettuale importante a Piacenza, e fu chiuso il "Gabinetto di Lettura", definito dalle autorità "fornello del liberalismo". Venne imposto un nuovo giuramento per gli impiegati pubblici e per i membri dell'Anzianato (1823), secondo la cui formula si giurava di "non appartenere a nessuna società pubblica e privata contraria ai principi e interessi della Augusta Sovrana".        

Si registrano in questo clima almeno due note positive: nel 1825 vengono inaugurati i ponti sul Trebbia e sul Nure e viene ristrutturato il Teatro Municipale su progetto di Lotario Tomba.

Le ripercussioni dei moti del 1830-31

Il 22 Febbraio 1829 il barone Giuseppe Werklein, che già il Metternich ha affiancato a Maria Luigia come suo Segretario particolare, sostituisce il Neipperg nel ruolo di collaboratore di governo. Werklein imprime alla politica amministrativa una virata nettamente di carattere poliziesco e inquisitivo. Questa atmosfera è adatta al sorgere di fenomeni di protesta anche violenta, che del resto trova terreno fertile alla notizia dei moti rivoluzionari scoppiati nella vicina Modena. Così nel Febbraio del 1831 a Parma hanno inizio agitazioni studentesca, che degenerano presto in un moto di ribellione nei confronti di Maria Luigia, che lascia Parma e si rifugia a Piacenza, dove resterà per 7 mesi in Palazzo Mandelli. Concede in compenso alcuni alleggerimenti fiscali e la possibilità di avere maggiore rappresentanza nel Consiglio di Stato. A Parma si insedia un Governo Provvisorio, che dura meno di un mese; viene arruolata una forza militare costituita di cittadini; a guidare gli studenti ribelli c'è un piacentino: Alessandro Pioselli. Lo scontro con l'esercito austriaco proveniente da Piacenza si ha a Fiorenzuola il 25 Febbraio 1831. Dopo la vittoria gli Austriaci, temporaneamente cacciati da Parma, possono rientrare in città. Anche Maria Luigia vi fa ritorno in Agosto, concedendo l'amnistia per i capi degli insorti (tra cui Filippo Linati e Francesco Melegari), tranne che per i condannati in contumacia. Termina così questo episodio rivoluzionario parmense, fallito per disorganizzazione, inesperienza e improvvisazione, e soprattutto, per mancanza di appoggio popolare. Piacenza non è stata toccata ed è rimasta fedele a Maria Luigia, ma, come poi si dirà con ironia e come la stessa duchessa affermerà scrivendo al Metternich, la fedeltà piacentina è dovuta al fatto che il generale austriaco Geppert ha tenuto la città sotto tiro di 70 cannoni e sotto il controllo di 3.000 baionette pronte a intervenire all'occorrenza.        

Nell'Agosto del 1833 il Metternich invia come collaboratore di Maria Luigia il conte Charles de Bombelles, che diviene poi il suo terzo marito. In questa fase il governo austriaco tenta di risanare il bilancio statale, grazie al piano finanziario varato dal barone Vincenzo Mistrali. Si procede alla pubblicità dei bilanci e alla riduzione delle spese per il mantenimento della Corte e il ricavato viene devoluto a opere pubbliche e alla riorganizzazione della istruzione.

Come risposta ai moti parmensi viene inasprita la repressione poliziesca e si intensifica il controllo sulla libertà dei stampa, sulla cultura e sulla scuola. Viene imposto il giuramento di non fare parte di società segrete per chi riveste incarichi pubblici. Per dar corso al nuovo assetto del sistema scolastico è formata una Commissione, di cui fa parte anche il piacentino don Giuseppe Veneziani. Il carico finanziario delle riforme scolastiche pesa sui bilanci dei Comuni. Nel Giugno del 1836 i Gesuiti sono ammessi a tornare nella Scuola di S. Pietro. Ma l'avversione dei cittadini nei confronti dei Gesuiti è tale che nel 1839 402 cittadini sottoscrivono una petizione per il loro allontanamento, che avverrà nel 1848. Tutto questo nel clima di pensiero liberale che era diffuso a Piacenza, rappresentato soprattutto da Giuseppe Taverna, Alfonso Testa, Carlo Fioruzzi, Pietro Gioia, Giacomo Morigi e Carlo Uttini. Nel 1841 viene istituito il primo asilo in S. Agostino, con sottoscrizione di numerosi cittadini di mentalità liberale e per iniziativa dei dottori Antonio Rebasti e Cesare Martelli, che nel 1844 si faranno promotori della Società degli asili d'infanzia. L'iniziativa è dettata da uno spirito filantropico laico e razionalista, che viene avversato dal clero.

Nel periodo della restaurazione austriaca, in un clima di sostanziale repressione,  bisogna tuttavia riconoscere a Maria Luigia alcuni positivi atteggiamenti: protesse per quanto possibile letterati e artisti, non pronunciò mai condanne capitali e pretese nei processi l'indipendenza dei giudici.