Piacenza nel Risorgimento

Piacenza nell'Età Napoleonica

Il contesto storico generale: la prima campagna d'Italia e l'inizio dell'occupazione francese

Nell'ambito della prima campagna d'Italia, Napoleone Buonaparte sferra un'offensiva per conquistare la Lombardia. Proveniente da Nizza e passando per Tortona e Voghera, il generale francese per ingannare gli Austriaci finge di voler passare il Po presso Valenza, ma in realtà con abile deviazione prende Castel San Giovanni, quindi entra in Piacenza (7 Maggio 1796), ove passa il Po, per dirigersi poi a Fombio, sconfiggere gli austriaci, quindi entrare vittorioso in Milano.        

Il duca che governa i Ducati di Parma, Piacenza e Guastalla è Ferdinando II, appartenente al ramo dei Borboni di Spagna. Questi, basandosi su alcune clausole del Trattato di Basilea (1795) e fidando sul fatto che la Spagna è già uscita dalla coalizione antifrancese, spera in un atteggiamento benevolo di Napoleone nei suoi confronti. Tuttavia, timoroso della imprevedibilità del generale francese, tenta dapprima un'azione diplomatica, offrendogli collaborazione e buona accoglienza nei Ducati Il duca in realtà ha buoni motivi per temere l'ostilità francese: ha accolto alcuni nobili fuggiti dai pericoli della Rivoluzione Francese; ha stretto un patto, mantenuto segreto, con l'Austria, in base al quale questa può approvvigionarsi nei territori dei Ducati; obbliga i giovani parmensi e piacentini ad arruolarsi in Spagna; infine non si è mai fatto scrupolo di adottare una politica repressiva.

Pertanto Ferdinando per ingraziarsi Napoleone invia a suo nome ad accoglierlo Piro Cavagnari, che incontra il generale francese presso Voghera (5 Maggio 1796). Cavagnari è un piacentino,  industriale della seta e banchiere, del quale il duca Ferdinando si è servito in precedenza per incarichi di tipo finanziario ed è il primo della nostra città a entrare in contatto con Napoleone. Di fronte alle parole concilianti di Cavagnari, come egli racconta nella sua Autobiografia, Napoleone, pur con il sorriso sulle labbra, non dà garanzie al duca, anzi minaccia di occupare Parma. Ordina inoltre l'arresto del Governatore di Piacenza, Dionigi Crescini, che egli ha chiamato a Castel San Giovanni. Ferdinando allora si rassegna a stipulare un armistizio (9 Maggio 1796), ratificato poi nella Pace di Parigi (5 Novembre).

Piacenza occupata dai Francesi

A seguito dell'armistizio con Ferdinando, Napoleone impone il pagamento di un'alta indennità in denaro, la consegna di derrate alimentari e di 16 dipinti. A Piacenza, dove l'armata francese entra il 7 Maggio 1796, il Commissario di guerra francese Saliceti opera consistenti spoliazioni finanziarie ai danni della Cassa Civica e del Monte di Pietà. Napoleone pone la sua sede in Palazzo Scotti da Sarmato, dove rimane fino al 9 Maggio, scrivendo al Direttorio di trovarsi nella città più piacevole (agréable) d'Italia. In compenso trasforma Piacenza praticamente in una piazza d'armi, nella retrovia del fronte di guerra che egli spinge sempre più verso Milano. Sono sistemati due ospedali militari in S. Agostino e S. Sepolcro e vengono occupati il Castello e Piazza Cavalli. La città è percorsa da soldati francesi diretti al fronte e da soldati che tornano feriti per essere ricoverati dopo le battaglie in Lombardia e in Veneto: lo sconvolgimento deve essere stato notevole per i piacentini.  

Qualche anno dopo la seconda Coalizione antifrancese delle potenze europee impegna Napoleone in una serie di campagne militari tra il 1799 e il 1802. Sotto i colpi dell'esercito austro-russo i Francesi sono costretti a lasciare la Lombardia e abbandonano Piacenza, che viene temporaneamente rioccupata dagli Austriaci il 30 Aprile 1799, mentre è ricostruito il ponte sul Po distrutto dai Francesi in fuga. Il tutto sotto gli occhi dei piacentini esultanti. Tuttavia l'esercito francese passa ben presto al contrattacco: gli Austriaci ripiegano su Castel San Giovanni e si registrano violente battaglie lungo il fiume Trebbia, presso Rivalta, Gazzola e San Giorgio (17, 18, 19 Giugno 1799). Piacenza è di nuovo al centro della guerra: i feriti vengono ricoverati negli ospedali installati nelle chiese di S. Agostino, S. Sisto, S. Giovanni e S. Francesco. Si registrano saccheggi "banditeschi", in cui si distinguono specialmente i soldati russi, il cui quartier generale è posto nel convento benedettino di S. Sisto. Le spoliazioni furono particolarmente pesanti nelle campagne, come a Campremoldo, S. Nicolò, Gossolengo, e non furono risparmiate chiese e canoniche. Alla fine i Francesi recuperano il terreno perduto e Napoleone, di ritorno dall'Egitto, conduce la seconda campagna d'Italia: la sua vittoria a Marengo consente ai Francesi, alla testa dal generale Gioacchino Murat, di rientrare a Piacenza il 7 Luglio 1800. Con il susseguente Trattato di Aranjuez (Marzo 1801) Francia e Spagna, senza neppure consultare Ferdinando di Borbone né tenere conto del suo posteriore dissenso, stabiliscono che i Ducati di Parma, Piacenza e Guastalla passino sotto il governo francese. A governare i Ducati giunge come rappresentante di Napoleone e da lui nominato il Consigliere di Stato Moreau de Saint Méry, che si insedia a Parma nel Settembre del 1800.

Il "giacobinismo" piacentino

Le radici del Risorgimento nella nostra città affondano nel terreno della attività culturale di alcuni intellettuali che, pur operando in un contesto difficile, non hanno rinunciato a fare sentire la loro voce e a diffondere coraggiosamente le loro idee. Essi si nutrono dei principi diffusi a seguito della Rivoluzione francese e degli ideali di libertà e uguaglianza sociale della filosofia illuminista: il loro intento è quello di spezzare il potere del privilegio e di eliminare l'ingiustizia in ogni settore della vita sociale. Questi intellettuali si sono formati in una istituzione ecclesiastica, il Collegio Alberoni, dove l'insegnamento è aperto anche alla cultura laica e illuminista (l'altra, il Seminario, è ferma su posizioni più tradizionali). Essi sono Melchiorre Gioia, Gian Domenico Romagnosi, Giuseppe Poggi e Giuseppe Taverna e agiscono in un contesto dominato da una rigida censura borbonica che toglie qualunque libertà di espressione. Ma l'arrivo della ventata libertaria napoleonica, anche se si rivelerà poi ambigua, sveglia speranze e fiducia di far trionfare le nuove idee. Ad esempio: il dottore in legge Giuseppe Belcini già da tempo predica idee libertarie ai contadini di S. Lazzaro e, all'arrivo dei Francesi, pianta in città un "albero della libertà", che poi sarebbe diventato il famoso "albero della cuccagna", all'epoca era il simbolo della liberazione. Nell'Ottobre del 1796 egli inoltre raccoglie firme di piacentini per indirizzare alla Municipalità di Milano un memoriale in cui chiede aiuto per sottrarre Piacenza a Ferdinando di Borbone e dichiararla Repubblica. Arrestato dal governatore Crescini, è poi liberato grazie all'intervento francese sollecitato dal Gioia e dal Poggi.

Attraverso quali canali si diffondevano le nuove idee? C'erano centri di discussione e, nonostante i polizieschi controlli, circolavano scritti, articoli, opuscoli di contenuto politico e ideologico. Ad esempio si diffondevano i cosiddetti "catechismi", sorta di manualetti delle idee progressiste, elaborati sul modello dello scritto Istruzioni di un cittadino ai suoi fratelli meno istruiti, composto dal letterato padovano Melchiorre Cesarotti. Probabilmente la sede della tipografia dell'editore concittadino Gaetano del Maino era un luogo di ritrovo e discussione intellettuale, dato che il tipografo fu arrestato a seguito di un'azione repressiva (Marzo 1797) insieme ad altri sospetti giacobini: Filippo Buccella, il peltraio Giacomo Bolla e lo stesso Melchiorre Gioia. Furono poi tutti liberati per intervento di Napoleone (Novembre 1797): in particolare il Gioia in quanto vincitore di un concorso bandito nel 1796 dalla Amministrazione Generale lombarda. Le idee dovevano poi circolare anche attraverso fogli volanti, ma la propaganda non disdegnava di servirsi neppure del metodo delle scritte notturne apposte sui muri. Il clima di effervescenza ideologica e di agitazione è reperibile anche nelle testimonianze dei patrioti arrestati nel 1797 e registrati sui verbali del processo: così ad esempio Giacomo Bolla afferma che si parlava in città di progetti rivoluzionari in termini tali che anche i francesi presenti se ne mostravano scandalizzati.

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Il 23 Maggio 1796, dopo l'arrivo di Napoleone in Milano, è fondato in quella città il Giornale della società degli amici della libertà e dell'uguaglianza, sui fogli del quale si auspica la creazione di nuovi organismi municipali di tipo repubblicano. Su questo foglio intervengono con i loro scritti alcuni piacentini. Giuseppe Poggi vi scrive una Lettera ai popoli di Piacenza e Parma; l'avvocato Leonardo Cesare Loschi vi scrive sulle ingiustizie a Piacenza e indirizzerà al Direttorio una memoria proponendo un progetto per aggregare Parma e Piacenza alle libere città della Lombardia. Pure Melchiorre Gioia, che in seguito interverrà anche sul Monitore italiano e sulla Gazzetta nazionale, sporadicamente si esprime sul Giornale della Società, che  funziona un po' come foglio di espressione anche dei patrioti piacentini.

Possiamo trarre una considerazione interpretativa. Gli intellettuali giacobini piacentini ebbero scarsa penetrazione tra la gente. La nobiltà, soprattutto parmense, resta preda della nostalgia dell'Antico Regime e pochi sono quelli che mostrano aperture progressiste. I popolani, specie i contadini, sono intellettualmente sotto l'influsso dei parroci, la cui autorità mantiene grande peso, e tranne alcuni (per esempio un sacerdote di nome Bruzzi) gli ecclesiastici sono di tendenza conservatrice ed ostile alle innovazioni. Salvo assumere atteggiamenti trasformisti, come il vescovo Cerati, che da posizioni filoborboniche passa a simpatizzare per i Francesi. Quindi i nostri giacobini, espatriati in Lombardia per motivi di sicurezza (come il Poggi, che subito si rifugia a Milano per non cadere arrestato) o perché in ogni caso quell'ambiente risulta più favorevole ad una azione culturale, hanno avuto una funzione più efficace a favore della Repubblica Cisalpina e solo marginale nell'ambito dei Ducati. Ciò però non sminuisce il loro ruolo di anticipatori del processo risorgimentale. Manca d'altra parte ancora una classe borghese che sia consapevole di un suo ruolo. Infine occorre notare che la azione dei giacobini nei Ducati si attiva quando ormai il giacobinismo  francese è entrato in crisi dopo l'arresto dei capi rivoluzionari Babeuf e Buonarroti (Maggio 1796).    

La rivolta per il rincaro del grano

In un primo momento le autorità francesi sembrano offrire ai patrioti una speranza in senso liberale. Murat infatti chiede al governatore di Piacenza Crescini e da lui ottiene la liberazione di alcuni incarcerati per reati di opinione e di alcuni contadini di Gragnano arrestati per avere difeso le proprie donne dalle violenze seguite nelle campagne dopo le battaglie presso il Trebbia. Ma sono speranze immediatamente deluse. Infatti Napoleone sta imboccando l'indirizzo dittatoriale della sua politica e l'esigenza della alleanza con la Spagna lo distoglie dall'assumere posizioni troppo liberali nel gestire il governo dei Ducati. E così un decreto del generale Massena, collaboratore di Napoleone, pubblicato a Piacenza nel Luglio del 1800, nega qualunque appoggio agli eventuali rivoltosi e recita testualmente che i Francesi cooperano a "reprimere l'animosità dei sussurroni (così erano detti i patrioti sospetti) e di chiunque col titolo di patriotto... tenta di formare partito".

La posizione ambigua assunta dall'autorità francese nei confronti della popolazione si rivela pienamente in occasione della rivolta per il rincaro del grano, scoppiata a Piacenza proprio nel Luglio del 1800. Sabato 12 Luglio alcuni piacentini di bassa condizione economica si recano al mercato del grano in Piazza del Duomo con il libretto rilasciato loro dall'Ufficio dell'Annona per acquistare il grano a prezzo ridotto, ma trovano aumentato il prezzo. Son plebei, popolani e preti poveri e chiedono di abbassare il prezzo. Secondo le relazioni delle autorità alcune donne condotte dai "sommotori" (altro termine per indicare i rivoluzionari) guidano i rivoltosi e tra i popolani compaiono le coccarde tricolori per la prima volta. Viene assediato il palazzo del governatore e si tenta di liberare alcuni detenuti. Il generale francese interviene a disperdere i rivoltosi che si allontanano al grido significativo di "viva la repubblica". Alcuni sono arrestati: Bernardi, Cella, Sbalbi, Bisi, Bissi, Beleni. Tuttavia la popolazione non recede dal pretendere l'acquisto del grano ad un prezzo minore e sono organizzati gruppi che controllano le vendite in città. Infine la Real Giunta d'Annona fissa il prezzo del grano a 24 lire a staio (contro le 20 richieste dal popolo).

Perché è scoppiata la rivolta? Per l'intrecciarsi di una serie di concause: le requisizioni di derrate alimentari nelle campagne per nutrire le armate che si avvicendano sul suolo piacentino e i feriti ricoverati; le annate di raccolto scarso e la speculazione conseguente, che produce il rincaro del prezzo del grano. E' uno dei primi esempi di ribellione nel territorio dei Ducati, non dettata da intendimento politico, ma da ragioni concretamente economiche di sopravvivenza.

Il governo di Moreau de Saint Méry e i Decreti napoleonici

Dopo la morte di Ferdinando di Borbone, il rappresentante di Napoleone, Moreau de Saint Méry, con un proclama in data 28 Ottobre 1801 prende ufficialmente possesso dei Ducati quale Amministratore, sancendo così la sovranità francese sugli stessi. Il 26 Gennaio 1802 la Repubblica Cisalpina diventa Regno d'Italia.

Moreau dà il via a una serie di riforme intese a conciliare la innovazione democratica con un moderato conservatorismo e ottiene l'appoggio della aristocrazia terriera e della borghesia mercantile. Non quello degli intellettuali, che hanno scelto di operare in contesto più favorevole: il Gioia è a Milano e il Poggi in Francia.

Nel campo della amministrazione Moreau non stravolge, ma mantiene gli Organi di governo tradizionali. A Piacenza i cittadini superiori ai 20 anni sono iscritti da tempo a quattro classi che prendono nome dalle principali famiglie: Fontanesi, Landi, Scotti, Anguissola. Sussiste un Consiglio Generale, di origine comunale e rafforzatosi in epoca rinascimentale: ne fanno parte 36 membri superiori ai 25 anni e provenienti da ognuna delle classi. Sussiste anche una Giunta ristretta, detta Anzianato, formata da  8 membri (2/3 nobili  e 1/3 borghesi) in carica per otto mesi. Al vertice amministrativo troviamo un Priore, a rotazione settimanale. Questi organi dipendono dall'autorità del Governatore.

Le riforme di Moreau spaziano in vari campi. Lascia i Gesuiti nella Scuola di S. Pietro, l'assistenza ospedaliera alla cura del Vescovo. Elimina i privilegi di "manomorta", riconosce i diritti agli Ebrei (esisteva a Fiorenzuola una comunità ebraica che gestiva filatoi), abolisce la tortura, instaura un nuovo regolamento per i tribunali, toglie l'appalto della riscossione delle imposte ai privati per riservarlo a organi dello Stato, inaugura il Nuovo Teatro e, infine, ha il merito di avere chiamato il Romagnosi alla Cattedra di Diritto Pubblico a Parma.

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Il processo di svecchiamento delle strutture amministrative e giuridiche nei Ducati viene proseguito dai Decreti di Napoleone, tra il 1805 e il 1806 (Napoleone Re d'Italia è a Parma in quell'anno). Con gli Editti emanati da Milano si hanno così importanti provvedimenti intesi alla modernizzazione dello Stato in senso democratico e alla soppressione dei residui di giurisdizione feudale: viene introdotto il Codice Civile Napoleonico (contemplava il divorzio); si ha la soppressione di ben 44 conventi (9 a Piacenza, i cui beni passano al Demanio nazionale), con istituzione di una pensione per i religiosi. Importante è la istituzione di un nuovo sistema di tribunali: tre di prima istanza (Piacenza, Parma, Fiorenzuola); 2 Corti di Giustizia criminale (Parma e Piacenza); unica Corte d'Appello a Genova; unica Cassazione a Parigi.

Con gli Editti di Saint-Cloud (1805) e Verona (1806) Parma e Piacenza sono inquadrate nella 28^  Divisione Militare di Genova e viene istituito il Servizio di Leva obbligatorio: i primi 26 arruolati sono estratti a Piacenza a Palazzo dei Mercanti: inizia da questo momento un continuo atteggiamento di avversione alla leva nel territorio dei Ducati.

La Rivolta del 1806

Nel quadro della Terza Coalizione antifrancese l'inizio dell'occupazione del territorio italiano si ha con lo sbarco a Napoli degli anglo-russi, che ben presto si presentano ai confini dei Ducati. E' in questo ambito che si registra una importante rivolta iniziata nel piacentino e poi allargatasi a tutto l'Appennino.

Il Principe Eugenio, nominato da Napoleone Vicerè del Regno d'Italia, per far fronte agli eserciti anglo-russi istituisce un Campo di Riserva tra Modena e Bologna e ordina requisizioni e reclutamenti. A Piacenza esiste, costituita in epoca comunale e rinascimentale, la Milizia Urbana e Forense, formata di 4 compagnie di fucilieri al comando di 4 membri della aristocrazia cittadina: Anguissola, Landi, Scotti e Paveri. Devono fornire l'ottava parte per la truppa del Campo di Riserva. Il contingente di Castel San Giovanni è al comando del colonnello Botti, il quale istiga i suoi soldati alla rivolta. Questa da semplice protesta di tipo militare diviene poi più complessa nelle sue motivazioni. Sono infatti chiamati a combattere lavoratori e artigiani che sono costretti a lasciare la loro professione senza compenso. La rivolta si estende sull'Appennino, dove bande di rivoltosi armati occupano Bobbio, Bardi, Stradella, Salso Minore, Lugagnano e Castell'Arquato, esprimendo la loro stanchezza per le continue requisizioni e spoliazioni condotte dalle truppe. I capi sono soprattutto osti, mulattieri, contadini, che si mimetizzano tra la popolazione. Ne prendono parte anche alcuni sacerdoti poveri, ma non borghesi e nobili, che con un loro comunicato a Napoleone si dissociano dalla rivolta insieme all'alto clero. Attraverso alcune lettere pastorali il Vescovo sollecita i parroci a spingere i "traviati" al pentimento e all'obbedienza. E' evidente il carattere della rivolta, che è un esempio di ribellione per lo più contadina, sull'esempio delle jacqueries medioevali

Nella fase della repressione si registra qualche decina di morti, 21 condannati alla fucilazione e l'incendio del paese di Mezzano Scotti. Sono arrestati i parroci di Pradovera, Macerato e Pecorara; quest'ultimo sconterà due anni di carcere. Entrano in funzione in questo frangente i Tribunali Militari Speciali. Il Generale Junot, Governatore a Parma, per ordine di Napoleone toglie l'incarico di Amministratore dei Ducati a Moreau de Saint. Méry, accusato di non avere saputo far fronte in modo opportuno alla rivolta.

Il Governo dei Prefetti Nardon e Dupont Delport

Dopo la destituzione di Moreau, i Ducati sono governati da due prefetti, sotto i quali continua l'opera di francesizzazione dell'amministrazione, sulla base tuttavia di un rinnovato concetto di verticismo e di centralizzazione, dovuto ai nuovi Decreti napoleonici.

Nardon entra in carica il 1 gennaio 1806. In sintesi i suoi provvedimenti.

Nuova sistemazione amministrativa. I Ducati sono suddivisi in Dipartimenti, retti da un Prefetto, Circondari, retti da un Sottoprefetto, e Comuni, guidati da un Sindaco. Sono istituiti i corrispondenti Consigli. Il Circondario di Piacenza, sotto la direzione del Sottoprefetto Caravel, perde i territori di Monticelli d'Ongina e di Fiorenzuola, che vengono inclusi nel Circondario di Borgo San Donnino (Fidenza), terzo dopo Piacenza e Parma. Va perduto il Ducato di Guastalla, assegnato a Paolina Buonaparte Borghese, la quale lo venderà al Regno d'Italia per 6 milioni di lire milanesi.

Si crea dunque l'istituzione del Consiglio Comunale e si elegge il Sindaco. A Piacenza il primo è il conte Alberto Douglas Scotti da Fombio, che già ha rivestito la carica di Priore. Sono Aggiunti (Assessori): per parte nobiliare Giovanni Battista Maggi e Giuseppe Costa e per parte popolare Pietro Faustini. Il potere esecutivo è naturalmente nelle mani del Prefetto. I Dipartimenti hanno diritto di eleggere deputati per il Corpo Legislativo (Camera e Senato) di Parigi. Così Piacenza esprime come deputati: G. Battista Maggi, il conte Douglas Scotti e Bernardino Mandelli; come Senatore è eletto Ranuccio Anguissola da Grazzano.

Nel campo della amministrazione è introdotto il metodo dei "budget" (bilanci) comunali; si inizia la redazione del Catasto e si introduce lo Stato Civile per i censimenti, prima demandato alle parrocchie; si esegue la prima vaccinazione; si crea il Deposito di Mendicità, ove sono rinchiusi i poveri molesti e le prostitute malate o ribelli ai controlli; l'assistenza ospedaliera dal patronato vescovile passa ad un ente laico: la Commissione per gli Ospizi Civili e nasce così l'idea che l'assistenza è un fatto di interesse pubblico e che lo Stato deve farsene carico.

Nel campo culturale e scolastico, la Scuola di S. Pietro è chiusa il 30 Luglio 1806. I Gesuiti sono soppressi per Decreto di Napoleone. L'organizzazione della Scuola ora dipende dallo Stato (Università Imperiale, come il nostro Ministero) e viene affidata al Comune. Il 26 Dicembre 1806 nasce il Collegio di Piacenza, scuola secondaria comunale, diretta da Giampaolo Maggi; vi insegna tra gli altri Giuseppe Taverna, che sarà chiamato a dirigere la scuola primaria, creata nel 1811.

Alcune note urbanistiche. In ossequio a Napoleone Imperatore, piazza Cavalli è detta Piazza Napoleone, S. Francesco diventa S. Napoleone, lo Stradone Farnese si chiama Rue Friedland, via Taverna diventa Rue de la Réunion, infine il Pubblico Passeggio è dedicato a Maria Luigia, allora moglie di Napoleone.

Non mancano i provvedimenti repressivi. Si crea un corpo di Polizia segreta per rendere capillare il controllo politico. Sono istituite due carceri speciali: Casa di reclusione in S. Sepolcro a Piacenza e una analoga a Parma. Due episodi significativi. Nel 1810 il sacerdote Luigi Malaspina insozza l'effige di Napoleone dipinta sulla casa del canonico Nichini, fanatico dell'Imperatore, in via Borghetto. Malaspina è detenuto per 6 mesi in S. Sepolcro. Nel 1812 122 preti romani sono incarcerati per non avere giurato fedeltà alla Costituzione dell'Impero Napoleonico. E' attiva la censura della stampa: unico giornale ammesso è il Giornale del Taro, poi divenuto Gazzetta di Parma.

Permane una certa tendenza al brigantaggio, dovuto alle leggi doganali che non permettono l'incremento del lavoro nel commercio, alla protesta per le continue requisizioni e alla renitenza alla leva militare. Da una Relazione del Prefetto Nardon si sa che dal Piemonte e dal Regno d'Italia confluiscono nel territorio dei Ducati dei contadini che, se non trovano lavoro, si danno al brigantaggio; si ha notizia di 11 evasi fuggiti dal campo di lavoro di Salsomaggiore, che non potendo lavorare si danno alla malavita e al vagabondaggio.

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Il prefetto Nardon è sostituito nell'Ottobre del 1810 da Enrico Dupont Delport che rimarrà a capo dei Ducati fino al 1813, data del rientro degli Austriaci. Alcuni importanti provvedimenti.

Si tengono le prime elezioni (votano tutti i cittadini maschi maggiorenni) per eleggere i membri dei Collegi elettorali di Dipartimento, di Circondario e dei Consigli Comunali. Questi avrebbero poi designato i candidati al Senato e al Corpo Legislativo (Camera) di Parigi: sono eletti i piacentini Giuseppe Poggi, G. Battista Maggi, Pietro Cavagnari.

Si promuovono lavori pubblici: sistemazioni degli argini del Po, costruzioni viarie, come la strada Piacenza-Genova via Bobbio. Si creano i Cantoni di Strada, istituzioni che hanno la cura delle strade nel territorio attraverso le figure dei "cantonieri".

Non cessa naturalmente l'azione di repressione e censura (i Francesi ora si sostituiscono ai Borboni). Sono soppressi tutti i conventi, tranne quello delle Teresiane. Si può stampare solo se autorizzati. Si sviluppa quindi notevolmente la stampa clandestina. Lo stampatore Mauro del Maino vorrebbe stampare Le ultime lettere di Jacopo Ortis, ma il libro figura tra le opere disapprovate, allora lo stampatore consegna al Sindaco l'esemplare. Si diffondono i "pamphlets", foglietti manoscritti e affissi di notte in Piazza Cavalli presso il posto di guardia sotto i portici del Gotico, sul portale di S. Francesco e sullo scalone del palazzo della sottoprefettura (Camera di Commercio). Si pone una taglia di 100 franchi per la cattura degli autori di tali scritti, che però non furono mai catturati.