Piacenza nel Risorgimento

La rivoluzione del '48 e Piacenza "Primogenita"

I moti del Quarantotto nei Ducati di Parma e Piacenza

La grande fiammata rivoluzionaria che incendia mezza Europa nel 1848 non ha ripercussioni particolarmente violente nel territorio dei Ducati sul piano militare, ma produce tuttavia una serie di atti decisivi per il Risorgimento piacentino: la nostra città infatti è la prima a scegliere l'annessione al Piemonte, mentre Parma lo farà quindici giorni dopo.

Il 31 Dicembre 1847 a Maria Luigia succede Carlo Ludovico di Borbone con il nome di Carlo II. I primi suoi atti di governo non sono certo inclini a suscitare simpatie nella popolazione. Per sanare i suoi debiti, il nuovo sovrano praticamente svende il Ducato di Guastalla, detto "granaio" dei Ducati per la ricchezza della sua produzione agricola, dandolo in permuta al Duca di Modena e al Granduca di Toscana e ricevendo in cambio terre di valore di gran lunga inferiore. Inoltre nel Febbraio 1848 stipula una Convenzione militare con l'Austria in base alla quale questa occupa piazzeforti nei Ducati e può disporre dei relativi territori. Per il resto l'azione di Carlo II oscilla tra una moderata repressione e un atteggiamento vagamente liberale: lascia maggiore libertà alla circolazione della stampa, libera l'istruzione dal monopolio dei Gesuiti, ma in compenso vieta l'uso delle coccarde tricolori e ordina di non indossare cappelli all'italiana.

Quando il 20 Marzo 1848 scoppiano a Parma le prime proteste popolari si hanno scontri con le truppe e morti e feriti tra i civili. Il Duca allora si affretta a mostrare un atteggiamento liberale,  dichiara di volere concedere uno Statuto di tipo monarchico costituzionale (come è già avvenuto in altre città italiane) e nomina una Reggenza di cinque cittadini, tra cui figurano i piacentini Giuseppe Mischi e, soprattutto, Pietro Gioia, colui che rivestirà un ruolo importante negli avvenimenti risorgimentali piacentini.

La scelta annessionista di Piacenza

E' in questo contesto che si inquadra la scelta di Piacenza di staccarsi definitivamente da Parma e di optare per l'annessione al Piemonte. Questa decisione filopiemontese è la conseguenza di una serie di relazioni già da tempo intessute tra la nostra città e l'ambiente lombardo e piemontese, relazioni sia economiche sia, soprattutto, sociali e culturali. Ad esempio, numerosi aristocratici piacentini frequentano l'Accademia militare di Torino. Viene introdotto nel territorio dei Ducati il giornale Il Risorgimento, fondato da Cavour nel 1847, a cui collaborano Pietro Gioia e Vincenzo Maggi. Ma in primo luogo ha giocato un ruolo fondamentale l'azione del Gabinetto di Lettura animato dal Giordani, le cui idee, insieme a quelle del Romagnosi, hanno contribuito a indirizzare l'opinione pubblica verso l'ideale di uno stato unitario e laico, non di tipo federalista e neoguelfo, e neppure  repubblicano radicale, ma monarchico costituzionale. Da notare che esistono due giornali di opposto indirizzo ideologico: uno, l' Eridano, che appoggia seppure moderatamente l'azione patriottica, e il Tribuno, che invece è ostile a Pietro Gioia.

Il primo atto importante è il distacco di Pietro Gioia dalla Reggenza di Parma. A Piacenza il 26 Marzo 1848, giorno in cui gli Austriaci hanno lasciato la città, il Consesso civico (Consiglio comunale) elegge sindaco Fabrizio Gavardi e costituisce un Governo provvisorio, di cui fanno parte, tra gli altri, Antonio Anguissola, don Antonio Emmanueli e Pietro Gioia stesso. Di fronte alle proteste di Parma per il distacco, il Consesso civico piacentino risponde che ormai Piacenza è libera e si riunirà a Parma soltanto quando anch'essa sarà libera dal controllo dei Borboni.

Il Governo provvisorio compie una serie di atti, alcuni dei quali significativi: dà avvio a lavori pubblici, promuove una politica protezionistica in favore dell'industria della seta e rifornisce i mercati di grano, curandone il controllo dei prezzi; promuove la libertà di stampa e i Gesuiti vengono allontanati dalla scuola; viene rafforzata la Guardia civica e istituita la Milizia cittadina, il cui primo comandante è il marchese Luigi Volpe Landi. Grande entusiasmo determina la venuta a Piacenza di Gioberti e Garibaldi. Viene costituita una truppa di volontari, i cosiddetti "Crociati", al comando di Pietro Zanardi Landi (il quale si accolla le spese per la paga dei soldati), che combatterà in Lombardia. Una seconda spedizione nel 1849 sarà al servizio del governo della Toscana.

Ma il provvedimento di gran lunga più determinante è l'indizione del plebiscito, che, nella percentuale del 98% dei votanti, sancisce l'adesione al Piemonte; l'esito del plebiscito viene solennemente proclamato il 10 Maggio 1848 in S. Francesco. Una delegazione formata da Pietro Gioia, Fabrizio Gavardi, Antonio Rebasti si reca al campo militare di Sommacampagna per presentare ufficialmente a Carlo Alberto l'esito della votazione plebiscitaria, poi ratificato dal Parlamento piemontese e che guadagna a Piacenza il titolo di "La Primogenita" d'Italia. Da Torino giungono poi i Commissari regi a governare i Ducati. Si introduce lo Statuto Albertino e si indicono elezioni politiche in Giugno per eleggere i deputati al Parlamento piemontese. Mentre per il plebiscito sono ammessi a votare anche gli analfabeti, in questo caso è ammesso a votare, secondo la legge, ogni cittadino maschio che ha compiuto 25 anni, gode dei diritti civili, è alfabetizzato e abbia un reddito definito (20 Lire in Liguria e in Savoia, 40 in Piemonte). Tra i deputati piacentini eletti spicca ancora Pietro Gioia. Questi si fa notare nel nuovo ruolo per la sua proposta di abolire le dogane tra gli stati aderenti al Piemonte, ma anche per la richiesta di intervento armato per sedare una ulteriore rivolta popolare causata dal rincaro del grano e dal permanere di una condizione economica precaria delle masse dei cittadini.